Ideazione Ilaria Cangialosi e Annalisa Legato
in scena Angela Iurilli e Ilaria Cangialosi
drammaturgia e regia Ilaria Cangialosi
Progetto grafico Nina Viviana Cangialosi
disegno luci Tea Primiterra
costumi Micaela Colella
FINALISTA MARTELIVE
Sei storie, Sei donne, Sei stanze. Vengono attraversate da due attrici che dichiaratamente entrano ed escono dai personaggi. Raccontano l’universo femminile con ironia, sarcasmo e tragicomicità. Le scarpe sono, in questo spettacolo, un filo conduttore necessario, vengono calzate per entrare nei panni di quelle donne: Donne dal cuore infranto, Donne in vetrina, Donne nemiche delle donne, Donne furbe come la Ratita Presumida, Donne che tentano di ri- appropriarsi della dignità perduta. Donne private di gambe, occhi, orecchie ma che con forza difendono l’unica cosa che resta: LA VOCE.
Qual è la potenza delle azioni che le donne mettono in atto quando decidono Di Alzarsi, Di essere felici? (…)
scAlzati è uno spettacolo teatrale che si costruisce assieme a chi guarda. Chiediamo al pubblico di seguire un percorso, di fare assieme a noi un’esperienza: Di alzarsi. Di spostarsi. Di esserci. Di entrare. Di porsi delle domande: Qual’è il confine tra possesso e amore? Che cosa significa avere paura? Ci accorgiamo se qualcuno cade attorno a noi? Abbiamo il coraggio di ri‐alzare chi è caduto? Se io cado qualcuno mi aiuta? La volontà è quella di fare assieme un’esperienza.
La nostra ricerca si è focalizzata sulla relazione con il pubblico, il contatto con le persone, la stretta vicinanza, il chiedere loro aiuto, il guardare loro negli occhi, il fare loro delle domande. È uno spettacolo dall’anima camaleontica che di volta in volta si presta ad abitare i diversi spazi.
Con leggerezza, con ironia, con sarcasmo, con verità si raccontano questi personaggi che sono pezzi di noi e di voi.
Donna, “scAlzati” e cammina sette storie contro la violenza
Il numero sette a farla da padrone: sette storie, sette donne, sette stanze che vengono percorse da due attrici che sono diversi personaggi da cui apprendiamo il fascino dell’universo femminile, al modo di chi tale mistero lo conosce talmente bene da renderlo attraverso la tragicomicità. Dalla posta del cuore alle donne in vetrina, passando per le donne monche, tutte e ognuna tentano di riappropriarsi della propria dignità, a botta di un’unica arma, la parola. Degni di nota i costumi (Micaela Colella) e le luci di Tea Primiterra, capaci di far sentire il pubblico a casa, in strada, nei luoghi di lavoro, affinché chi è di fronte alle attrici avverta che il gioco si fa sempre più serio, vero, pertanto è utile intervenire, esserci, non essere spettatori.
Attraverso un testo irriverente e ironico e due attrici in stato di grazia, il pubblico fa esperienza di storie, che diventano corpo e anima, sangue e sudore, per mezzo di un racconto plurale sulla violenza. Da qui si parte per un percorso che invita a (ri)alzarsi e (ri) prendere la strada, tralasciando la retorica del grido fine a se stesso, e piuttosto armandosi di piedi che sappiano sorreggersi su tacchi fatti di carne e ossa. La voce è l’unica capace di urlare e obbedire a quell’alzati e cammina di evangelica memoria, ma mai così imperativo categorico, terrenamente vissuto.E’ difficile comprendere dove inizia la verità e smette la finzione in questo lavoro, perché quando si parla di violenza sulle donne, è difficile credere che tutto ciò possa essere ancora vero. (…)
Giancarlo Visitilli